28 febbraio 2022

Ai fini delle imposte sui redditi, la permuta è considerata alla stregua di una cessione a titolo oneroso; anche se l’art. 9, comma 5, del TUIR si limita a stabilire che “le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società”, senza menzionare espressamente le permute, l’Agenzia delle Entrate ha tradizionalmente riconosciuto che queste ultime rientrino nella nozione di “cessione”. Si tratta, quindi, di una operazione realizzativa: ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. c) e c-bis), infatti, le cessioni a titolo oneroso (e, dunque, anche le permute) di partecipazioni al capitale o al patrimonio di società effettuate da soci persone fisiche non esercenti attività d’impresa generano plusvalenze tassabili – ai fini Irpef – come redditi diversi.

Per calcolare la plusvalenza, va ricordato che la partecipazione ricevuta attraverso la permuta è ascrivibile alla categoria dei “corrispettivi in natura”, i quali, ai sensi dell’art. 9, comma 2, del TUIR, “sono valutati in base al valore normale dei beni e dei servizi da cui sono costituiti”; tale valore, con riguardo alle partecipazioni non quotate, è determinato in proporzione al valore del patrimonio netto della società. A questi fini, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che rileva il valore effettivo del patrimonio netto, e non già quello contabile.

Il predetto regime, che è quello ordinario, viene derogato nel caso in cui attraverso la permuta una società acquisti, integri o incrementi il controllo di un’altra società e “a condizione che il costo delle azioni date in permuta sia attribuito alle azioni o quote ricevute in cambio”. Limitatamente a dette ipotesi, l’art. 177, comma 1, del TUIR introduce un regime di neutralità fiscale, giacché l’operazione “non dà luogo a componenti positivi o negativi di reddito imponibile” (neutralità che non opera comunque sull’eventuale parte dello scambio che prevede un conguaglio in denaro).

La norma richiede che tanto la società scambiante quanto la società scambiata siano residenti ai fini fiscali in Italia (mentre non è posta alcuna limitazione in capo ai soci scambianti, i quali potrebbero dunque essere anche non residenti).

L’unico scenario in cui un’operazione di permuta di partecipazioni, che vede coinvolta una società non residente, può fruire della neutralità fiscale è quello regolato dal combinato disposto degli artt. 178, comma 1, lettera e) e 179, comma 4, del TUIR, i quali accordano il predetto regime ove una delle società interessate allo scambio sia fiscalmente residente in un Paese membro dell’Unione Europea.

 

Tax Tip a cura di Andrea Batani.