16 marzo 2022

Nell’ambito dell’imposta di registro vi è una categoria di atti per i quali l’obbligo di registrazione si origina solo in “caso d’uso”, ossia solo al ricorrere di un determinato evento. In particolare, ex art. 6 del D.P.R. n. 131/1986, si ha “caso d’uso” ove un atto venga depositato:

  • per essere acquisito agli atti, presso le cancellerie giudiziarie nell’esplicazione di attività amministrative”; ovvero
  • “presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito avvenga ai fini dell’adempimento di un’obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organi ovvero sia obbligatorio per legge o regolamento”.

Minori difficoltà si riscontrano per la prima ipotesi: per “attività amministrativa” dell’organo giudiziario si intende la cd. “volontaria giurisdizione”, caratterizzata per essere diretta non alla risoluzione di una controversia ma ad “amministrare” interessi privati (essa si esplica, ad esempio, nei procedimenti di separazione consensuale o, ancora, nei procedimenti di divisione e scioglimento della comunione ereditaria a domanda congiunta, e via dicendo). Di converso, non si configura il “caso d’uso” se il deposito avviene nell’ambito di un procedimento in cui l’intervento dell’autorità giudiziaria è finalizzato alla risoluzione di un vero e proprio contenzioso tra le parti.

Più complesso appare, invece, interpretare la seconda ipotesi e, in particolare, le cause di esclusione da essa previste: nelle ipotesi di deposito dell’atto presso una Pubblica Amministrazione, il “caso d’uso” non sussiste allorché tale deposito avvenga per permettere alla stessa Amministrazione l’adempimento di una propria obbligazione legale, ovvero sia obbligatorio per legge o per regolamento. Non costituisce, ad esempio, “caso d’uso” il deposito di atti nel corso di un contraddittorio in sede di accertamento di tributi: detto deposito non rappresenta, infatti, una scelta temporanea per il contribuente ma, al contrario, appare finalizzato a dimostrare la correttezza del proprio operato e ad evitare qualsiasi preclusione all’utilizzo della documentazione stessa nella successiva (eventuale) fase contenziosa.

Tuttavia, su quest’ultimo aspetto si segnalano interpretazioni difformi da parte di taluni Uffici dell’Agenzia delle Entrate; ci riferiamo, ad esempio, alla vicenda esaminata (e risolta in senso favorevole al contribuente) dalla Commissione Tributaria di Parma, nella sentenza n. 118 del 28 aprile 2021: in quel caso l’Agenzia aveva preteso l’imposta su un contratto di finanziamento concluso tra socio e società per scambio di corrispondenza, ed esibito dalla società proprio su richiesta della stessa Agenzia durante una verifica fiscale.

Infine, è opportuno evidenziare che, secondo l’orientamento della Corte di Cassazione, anche la mera enunciazione di un atto soggetto a registrazione in “caso d’uso” in un successivo atto, soggetto invece a registrazione in termine fisso, fa sorgere l’obbligo di registrazione del primo.

 

Tax pill a cura di Enrico Canaletti.