4 dicembre 2020

L’art. 14 del D.Lgs. n. 472/1997 introduce, per le operazioni di cessione di azienda o di ramo d’azienda, una responsabilità solidale tra cessionario e cedente per le violazioni tributarie da quest’ultimo commesse (responsabilità che il comma 5-ter della norma estende a tutte le ipotesi di trasferimento di azienda, e quindi anche al conferimento).

La formulazione dei primi tre commi della norma sembra però presentare qualche contraddittorietà. Mentre il primo comma sancisce che il cessionario è chiamato a rispondere anche degli illeciti tributari “commessi” dal cedente:

  1. nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due esercizi precedenti” (ovvero l’ultimo triennio), senza ulteriori delimitazioni, e
  2. anche in epoca anteriore, se sono già stati oggetto di “contestazione o irrogazione” nel medesimo triennio;

i commi successivi circoscrivono, invece, l’obbligazione del cessionario al debito risultante “alla data del trasferimento” (comma 2), introducendo anche la facoltà di predeterminare in anticipo questo debito mediante il cd. “certificato dei carichi fiscali pendenti”, cui è assegnata efficacia liberatoria (comma 3).

Ma come possono essere “risultanti alla data del trasferimento” (secondo quanto richiesto dal comma 2) i debiti derivanti dalle violazioni di cui al precedente punto 1 dell’elenco, ovvero quelli commessi nell’ultimo triennio ante cessione? Le tempistiche dell’accertamento svolto dall’Amministrazione finanziaria (che ha un termine di decadenza di cinque anni per effettuare verifiche fiscali) rendono molto difficile che all’atto del trasferimento dell’azienda siano già note eventuali passività tributarie del cedente, relative proprio alla stessa annualità in cui il trasferimento avviene e alle due precedenti.

La Corte di Cassazione, con una sentenza del 2017, ha fornito una interpretazione “semplificatrice” dei primi tre commi dell’art. 14: secondo i Giudici di legittimità al cessionario deve sempre essere garantita una qualche forma di “certezza e conoscibilità del debito”. Ciò comporta che il comma 1 dell’art. 14 non contiene una ipotesi di corresponsabilità distinta da quella delineata ai successivi commi 2 e 3 della norma: il perimetro della sua obbligazione solidale è sempre rappresentato dalle violazioni già almeno “constatate” all’atto del trasferimento, cosicché l’acquirente non resta soggetto al rischio imponderabile di verifiche le quali – pur relative al triennio – siano intraprese solo in epoca successiva al trasferimento stesso.

Tale orientamento si discosta da un precedente della stessa Cassazione, secondo cui la predetta delimitazione si ha solo se ove cessionario si attivi per chiedere il certificato dei carichi pendenti, mentre, in caso di inerzia, il medesimo cessionario sarebbe corresponsabile anche per le violazioni “commesse” nell’ultimo triennio, pur se non ancora constatate.

Tuttavia, il tenore letterale dell’art. 14, comma 1 – proprio nel caso delle violazioni “commesse” nell’ultimo triennio – non circoscrive affatto l’obbligazione del cessionario “al debito risultante alla data del trasferimento”, né tantomeno a quello indicato nel certificato dei carichi pendenti: cosicché, al di là delle risultanze di tale ultimo certificato, è sempre preferibile che il cessionario si tuteli civilisticamente, prevedendo all’interno del contratto di cessione specifiche clausole di indennizzo in relazione a qualsivoglia pretesa a lui recapitata dall’Amministrazione finanziaria (quale coobbligato in solido) con riguardo all’ultimo triennio ante cessione.

Naturalmente, come osservato anche dall’Amministrazione finanziaria, resta inteso che il cessionario non può ritenersi esonerato da ogni responsabilità con riferimento al periodo intercorrente tra la data di rilascio del certificato (o la data di scadenza del termine dei quaranta giorni in caso di mancato rilascio) e quella in cui avviene il trasferimento dell’azienda: cosicché è sempre preferibile che, una volta ottenuto il documento, l’atto di trasferimento avvenga – per quanto lo consentano le trattative commerciali tra le parti – il prima possibile.

 

A cura di Antonio Fiorentino Martino.