Nel nostro ordinamento le società non residenti, a prescindere dalla loro forma giuridica, sono tutte trattate come società di capitali.

Le partnership estere si trovano, quindi, ad avere una duplice qualificazione: nel Paese estero di residenza sono tipicamente entità “trasparenti”, nel senso che il relativo reddito viene imputato in via automatica ai soci (i quali sono ivi tenuti al pagamento delle imposte indipendentemente dalla percezione degli utili), mentre in Italia sono considerate soggetti “opachi”, con la conseguenza che per i soci italiani i redditi dell’entità estera sono imponibili soltanto al momento della loro distribuzione, qualificandosi fiscalmente come “dividendi”.

In un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore, Antonio Fiorentino Martino e Paolo Scarioni hanno messo in evidenza quali siano gli effetti creati da questo disallineamento, e le modifiche che potrebbero essere apportate dalla legge delega per la riforma fiscale.

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